LaMiaRadio intervista Marco Biondi: “La radio si sta trasformando, ma ci sono anche meno idee”

  • Giugno 3, 2020
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Oggi su LaMiaRadio.it vi proponiamo l’intervista a Marco Biondi. Il popolare speaker lombardo ha conosciuto il mondo della radio da giovanissimo e il suo debutto on air risale addirittura al 1976. Dalla piccola emittente del suo paese passando per radio locali più importanti fino ai grandi network. Per Marco undici anni a Radio Deejay, poi tre a 105 e i cinque a Radio Italia Network. Poi nel 2007 diventa direttore musicale di Virgin Radio, che nasce proprio in quell’anno. Marco Biondi è sempre stato attento all’evoluzione del mezzo radio, riuscendo sempre a sperimentare senza cullarsi sugli allori. Nel corso della sua lunga carriera ha scritto per diverse testate e fatto attività di scouting. Dallo scorso mese di maggio è stato nominato direttore artistico di Radio Vigevano, dove è anche tornato dopo 13 anni alla conduzione di un programma, Matchbox. Parallelamente, sempre da maggio è il nuovo direttore artistico di Showtime, il marketplace di musica, eventi e spettacolo. Abbiamo intervistato Marco, mai banale, che ci offre notevoli spunti sull’attuale momento del mondo radiofonico, ci parla dei momenti più significativi della sua carriera e ci regala diversi aneddoti…

Marco, come è nata la possibilità di diventare direttore artistico di Radio Vigevano?

Tutto è nato alla clinic di presentazione del mio corso radiofonico Do You Radio, che abbiamo fatto a Casteggio (Pavia) ad inizio 2019. Erano presenti anche gli editori di Radio Vigevano e già ci avevano proposto di fare corsi di formazione per i loro speaker e tecnici. Da lì il progetto sembrava allargarsi ulteriormente ma poi alcuni inconvenienti a ciascuna delle due parti ha rallentato i lavori. Ci siamo ritrovati alla fine del 2019 con la proprietà ed abbiamo fissato l’inizio dei corsi per gli speaker della radio che abbiamo iniziato a febbraio di quest’anno. Purtroppo mancava solo una settimana alla fine dei corsi quando è scoppiata la pandemia ed abbiamo dovuto sospenderli. Appena possibile li riprenderemo ma intanto con la proprietà di Radio Vigevano era nato un bel rapporto di stima reciproca professionale. A quel punto sono stato messo al corrente di un loro ulteriore grande progetto che mi ha molto colpito ed entusiasmato.

Condurrai un programma intitolato Matchbox, un nome che fa tornare in mente i tuoi esordi in radio. Cosa puoi dirci di più?

Sì, in radio per 10 anni e cioè dal 2007 al 2016 ho curato la direzione musicale di Virgin Radio fin da prima della sua apertura, ho avuto la fortuna di partecipare alla nascita di questa Radio che era unica, pionieristica e che fece scalpore. Ero troppo impegnato però per poter condurre un vero programma per cui in onda realizzavo delle veloci pillole dedicate alle novità e facevo saltuariamente delle interviste oppure degli speciali dedicati agli artisti. Non ho quindi mai più avuto un mio vero programma dal 31 maggio 2007, quando feci la mia ultima puntata nel programma Playlist con Petra Loreggian su Playradio (pensa la casualità, quel giorno avevamo ospite Max Pezzali, pavese DOC ed oggi torno in onda su Radio Vigevano, che è in provincia di Pavia).

Torno quindi con un mio programma e lo vivo come un nuovo inizio, una rinascita dopo 13 anni. E allora ho voluto omaggiare il primo programma che ho fatto in radio, quando esordii davanti ad un microfono a RCL 26, la radio di Soresina (CR) il paese dove sono nato. Quel programma si chiamava Matchbox, un nome che mi è sempre piaciuto. Matchbox torna quindi ora in radio dopo praticamente 40 anni! Sarà un programma di storie, più precisamente di storie legate alla musica.

Com’è cambiato secondo te il modo di fare radio rispetto a 30 anni fa? Quali sono le principali differenze che noti?

C’è sicuramente più business, più attenzione ai numeri, più spazio al marketing, la gestione è pilotata spesso direttamente dagli editori. Purtroppo però c’è anche meno creatività, meno idee, meno spazio alla sperimentazione, molta meno ricerca musicale, meno spazio agli speaker, meno voglia di fare gruppo e molti inutili egoismi che non portano da nessuna parte. Senza un gruppo vero non si vince mai ed oggi non vedo gruppi particolarmente affiatati, vedo solo molti individualismi.

Oggi la radio è ovunque, è un mezzo che non muore mai, che idea ti sei fatto in merito alla sua longevità e sul futuro sei positivo?

La radio si deve evolvere, l’ha sempre fatto e continuerà a farlo e in questo la tecnologia la aiuta e la aiuterà ancora di più in futuro. La radio si sta trasformando, è iniziata una grossa evoluzione dell’era storica dell’FM, che comunque andrà sicuramente avanti ancora ma non sarà più l’unico modo per ascoltare la radio. Il futuro sarà fatto di una scelta molto più ricca, dove probabilmente a livello numerico vinceranno i soliti marchi ma ci sarà più possibilità per tutti di farsi ascoltare e creare prodotti originali e nuovi. La guerra alla visibilità del marchio probabilmente sarà ancora più intensa ma credo che bisognerà tornare a fare molta attenzione al prodotto. La varietà darà la possibilità alle persone di scoprire radio nuove e format nuovi. Puoi ottenere tutta la visibilità che vuoi ma poi dovrai dimostrare di essere al passo con i tempi. In questo momento, trovo alcuni grandi network abbastanza fuori dalla realtà, al di là dei grandi numeri, dovranno sicuramente rinnovarsi sia nel parco speakers e soprattutto nel parco dirigenziale.

I grandi network a volte si fanno la guerra, ma poi si uniscono come dimostra Ter e Radioplayer. Cosa ne pensi?

Sorvolerei volentieri su questo argomento, ma sicuramente Radioplayer sta facendo scoprire gli aggregatori a tante persone, per cui ben venga.

Sorvolerei del tutto invece sull’iniziativa I Love My Radio. Ma davvero tutti insieme non si è riusciti a partorire di meglio? La trovo un’idea di una banalità imbarazzante e figlia dell’accordo globale fatto per Radioplayer. Senza questo accordo non ci sarebbe stata nessuna iniziativa, non facciamo finta di credere che ora i grossi network sono tutti amici, si sono fatti la guerra fino a ieri e continueranno a farsela, ma ora hanno un progetto in comune, basato comunque su interessi commerciali e di sopravvivenza

Tanti anni a Radio Deejay, poi 105, Rin. A quale esperienza sei rimasto più legato?

A tante! Al periodo delle radio locali, specie a RCL 26, Radio Antenna Nuova e Radio Music Boy, al periodo della scoperta della musica Afro a Rete Radio Azzurra, a Radio Deejay che mi ha formato e che mi ha insegnato ad essere parte di un network, a Radio 105 che mi ha portato per 16 mesi a New York, a RIN – Radio Italia Network che mi ha portato ad Ibiza e mi ha dato un programma fighissimo che era Welcome to the Jungle e mi ha dato la possibilità di creare House Gallery, a Virgin Radio che mi ha fatto fare un’esperienza da direttore musicale davvero incredibile! In tutte ho lasciato un po’ di cuore.

E Virgin Radio quanto è stata importante? Hai qualche rimpianto in merito?

Virgin Radio è stata un’avventura entusiasmante, all’inizio felicemente incredibile, poi problematica e infine devastante e molto dolorosa. Ho solo il rimpianto di non essere stato messo in condizione di poter fare un mio programma, sarebbe stata la radio perfetta per me anche a livello di speaker. Ma pazienza. Altri rimpianti non ne ho, ho sempre dato il massimo, ho ricevuto abbastanza.

 Hai iniziato prestissimo a fare radio, qual è stata la molla che scattò in te?

L’incoscienza. Ho iniziato a 15 anni e a quell’età difficilmente ti rendi conto di quello che vai a fare. Ma io ho sempre avuto una beata e benedetta incoscienza che mi guida ancora oggi. Sono da sempre appassionato di musica che per me è la vita, mia mamma mi ha fatto appassionare alla radio, in casa era sempre accesa e quando nel 1976, a 15 anni, mi venne proposto di collaborare con l’allora nascente radio del paese dove ero nato e vivevo, appunto Soresina, dire di sì mi è venuto spontaneo, anche se non mi rendevo esattamente conto cosa andassi a fare. La mia timidezza all’inizio mi creò qualche problema ma poi l’incoscienza e anche la passione che mi travolse per la radio e per la comunicazione, mi hanno fatto scattare la molla e la radio è diventata la mia vita insieme alla musica

 In questo periodo hai preso anche la direzione di Showtime, qual è l’obiettivo?

L’obiettivo con Showtime.it è dare la possibilità agli artisti di avere una vetrina, di avere visibilità, di potersi mettere in mostra e di poter aver contatti diretti con chi organizza eventi. E soprattutto di poterli aiutare a crescere grazie ai Servizi che mettiamo a loro disposizione. Fare le cose amatorialmente è bello ma non ti porta lontano. Ad un certo punto se vuoi crescere devi confrontarti con professionisti del settore, con persone esperte che ti aiutano a crescere dicendoti quello che non va e quello che invece funziona di te. Un artista deve sempre mettersi in discussione e provare ad alzare l’asticella e per farlo deve investire su se stesso, sia in termini di tempo, che di passione, di denaro e di sacrifici. Il mondo dello spettacolo, della musica, del lavoro non è un mondo facile, devi entrarci preparato professionalmente e sapere i trucchi del settore. In Showtime.it abbiamo creato una serie di servizi ottimi per tutti gli artisti che li desiderano. Abbiamo un servizio di management di grande esperienza, un ufficio stampa e social molto efficace e di grande livello ed un coaching eccezionale con esperienza elevata. Basta andare sul nostro sito, cliccare nell’area Servizi e contattarci e vi daremo tutte le informazioni del caso.

Favorevole o contrario alla radiovisione?

Diciamo indifferente. Non ne faccio in realtà grande uso (anzi) ma per ora resta un mezzo utile per diffondere il brand nei luoghi pubblici e nelle case. Certo, fare la radiovisione ha un costo enorme e tranne i network in pochi possono permettersela, per cui fate attenzione. Sicuramente è un grande progetto di marketing, di creativo invece penso che abbia poco o nulla. Alla fine vedi sempre lo speaker nello stesso habitat, vedi i video e poco altro. Dover essere per forza tecnicamente sempre sincronizzati fra radio e tv non ti lascia molto spazio per la creatività

C’è ancora qualcosa che Marco Biondi non ha fatto in radio?

Un sacco di cose! Per come sono fatto io che mi entusiasmo spesso, ci sono valanghe di cose che non ho mai fatto! E infatti difficilmente tendo a ripetermi, quello che ho fatto l’ho già fatto, per cui cerco poi cose diverse. Non capisco alcune persone che da decenni fanno in radio la stessa identica cosa, mi sembra una cosa anti-artistica! Facciamo un lavoro che ci da milioni di opportunità, trovo stupido limitarsi a coltivare il proprio orticello per decenni mentre fuori c’è un mondo da esplorare.

Ma per carità, questo è solo il mio piccolo ed ingenuo pensiero, mi rendo conto che se il tuo orticello ti rende milioni di milioni, ti costruisci una fortezza militare attorno per evitare che qualcuno te lo distrugga. Questione di scelte. Io ho sempre scelto invece la libertà di poter scegliere e vado avanti così.

Antonio Tortolano

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